Adattamento e Regia Gianni e Alberto Buscaglia 1980 Teatro Filodrammatici Milano
Si può certamente affermare che la nostra attività registica teatrale non sia nata sulle assi di un palcoscenico, come quasi sempre succede a chi comincia questo lavoro, magari facendo l’assistente di qualche regista, ma ha avuto inizio negli studi della Rai di Milano, come continuità del lavoro drammaturgico e di regia che svolgevamo con alcuni degli attori che prendevano parte ai nostri lavori radiofonici e con i quali nel tempo avevamo stabilito una forte intesa; professionisti che di giorno frequentavano gli studi radiofonici e le sedi degli studi di doppiaggio e la sera recitavano sulle scene dei teatri milanesi. Fu quindi naturale, con alcuni di loro, raccontare i nostri progetti, gettando così le basi per un nostro debutto sulle scene.
D’altronde, anche la nostra attività di fotografi non era nata professionalmente in uno studio fotografico, ma in un teatro (e che teatro!), al Piccolo Teatro di Milano, dove, grazie alla conoscenza di Paolo Grassi (avevamo lavorato nella sua casa come ordinatori della sua grande biblioteca personale), per due stagioni teatrali, come fotografi di scena, avevamo avuto la possibilità di seguire il lavoro di regia di Giorgio Strehler e, soprattutto, di Virginio Puecher, e quello dei loro diretti collaboratori, gli attori, gli assistenti, gli scenografi, i costumisti, i datori luci, i tecnici di palcoscenico, gli organizzatori... Insomma, tutta la macchina teatrale in movimento: dalla prima riunione a tavolino con gli attori, alle prove in palcoscenico, a quelle dei costumi in sartoria, al montaggio delle scene, fino alla prova generale degli spettacoli.
In quelle due stagioni, da Strehler e da Puecher abbiamo imparato che il teatro è soprattutto un grande lavoro collettivo e che la costruzione di uno spettacolo è molto simile all’organizzazione di una immaginaria orchestra che suona all’unisono. Questa fondamentale lezione di teatro e di regia noi abbiamo cercato di portarla ovunque, negli studi radiofonici come sulle assi del palcoscenico.
Testo e Regia Gianni e Alberto Buscaglia 1980
Teatro Filodrammatici Milano
Testo e Regia Gianni e Alberto Buscaglia 1980
Teatro Filodrammatici Milano
Il nostro lavoro di regia non ha mai potuto prescindere da un lungo lavoro preliminare sulla drammaturgia. Ancor prima di ‘vedere’ lo spettacolo nella sua dimensione spaziale, per noi è sempre stato indispensabile il lavoro critico sul testo; e sovente un saggio critico è stato il veicolo che ci ha fornito le necessarie coordinate e le giuste suggestioni per arrivare ad “impossessarci” di un testo.
Così è accaduto, per esempio, con Gl’innamorati di Goldoni, o con Avventure morte e dannazione di Don Giovanni. Del primo ci siamo “innamorati” dopo la lettura di un saggio fondamentale di Mario Baratto e le suggestioni critiche di Franco Fido, illuminanti anche per un’altra nostra regia goldoniana, quella della Donna di governo; del secondo, dopo avere incontrato il bellissimo saggio di Giovanni Macchia sulla fortuna teatrale del grande seduttore di Siviglia.
Ma in fondo anche molti altri nostri lavori sono nati così, e in alcuni casi c’è stata addirittura prima la lettura di un saggio critico e poi l’incontro con il testo.
E’ il caso di Plauto e del Persa (diventato poi La stangata persiana nella versione che affidammo ad Antonio Porta), spettacolo ispirato dalla lettura di un saggio di Gioacchino Chiarini (La recita. Plauto, la farsa, la festa, 1983), che ci ha fornito non solo le coordinate indispensabili per la messa in scena, ma anche per la scelta della traduzione del testo.
Lo spettacolo, in forma di Drammalettura, è nato all'interno del progetto Porta del Teatro - Antonio Porta tra Teatro e Poesia, evento a ricordo di Antonio Porta svoltosi al Teatro Verdi di Milano il 24 novembre 2009. A venti anni dalla sua scomparsa e sullo stesso palcoscenico che aveva ospitato il suo ultimo lavoro teatrale, La festa del cavallo, si era voluto ricordare Antonio Porta nella sua dimensione forse meno conosciuta di scrittore teatrale, autore di testi rappresentati in diversi teatri e pubblicati in volume e su riviste, che, alla pari del suo lavoro poetico e dei suoi romanzi e racconti, si muovono tutti all'interno di una complessa ricerca progettuale. "Non mi sono mai appagato di una forma, ho sempre cercato di provocarne molte", diceva Porta parlando della sua poesia: una dichiarazione di poetica che si può senz'altro estendere a tutto il suo lavoro creativo, compreso quello di traduttore, di critico, di organizzatore culturale e di editore. La traduzione dell'Antologia di Spoon River rientrava anch'essa in questa dinamica poetica, svelando nella scrittura l'intrinseca teatralità contenuta nel mitico poema di Edgard Lee Masters.
Spoon River
di Edgard Lee Masters nella versione di Antonio Porta
Drammaturgia e Regia di Gianni Buscaglia
con Antonio Ballerio, Paolo Bessegato, Marcello Cortese, Enrico Maggi, Valeria Magli, Milvia Marigliano, Caterina Mattea, Elda Olivieri, Silvano Piccardi, Gianni Quillico, Umberto Tabarelli
Scena e costumi di Francesca Piotti - Contributi video di Luciana Andreani - Musiche di Tommaso Leddi - Disegno luci di Giovanni Paolazzi
"Ho cercato di rispettare la sostanza dialogica dell'originale, conservando per ciascun personaggio un linguaggio proprio, in modo da trasmettere al linguaggio della poesia italiana il modello del monologo-confessione messo così felicemente a punto da Lee Masters. Per poter operare questa trasfusione si è seguito, lungo la strada obbligata del verso libero, quel ritmo che viene dettato dal respiro, assecondando la possibilità della poesia di essere pronunciata. Una linea mediana, in sostanza, tra oralità e scrittura, come conseguenza di quella teatralità che la cornice dell'opera suggerisce." (Antonio Porta, postfazione alla traduzione dell'Antologia di Spoon River, Milano, 1987)
Selli Togni e Loredana Alfieri
Silli Togni, Loredana Alfieri e Antonio Ballerio
Programma di sala
Teatro di Chiasso
Thomas Bernhard
Capitolo finale di una ipotetica quanto non premeditata trilogia registica (che comprende Regina Madre di Santanelli e Chi ha paura di Virginia Woolf? di Albee), Ritter, Dene, Voss esprime una radicale domanda di senso, dove verità e menzogna, realtà e finzione, mito e ordinaria quotidianità, risultano inestricabilmente intrecciati, composite forme di un'unica ossessione...
Nulla di più rituale e anche di 'tradizionale' di una sala da pranzo e di una tavola festosamente apparecchiata per celebrare un ritorno: di un figlio (in Regina Madre), di un fratello (Ritter, Dene, Voss), o per rinnovare la nostalgia e il rimorso di un figlio forse mai nato (Chi ha paura di Virginia Woolf?)...
Con Bernhard siamo indotti a riflettere sulla oggettiva difficoltà di comunicare... Così scrive l'autore: "Parlo il linguaggio che soltanto io comprendo e nessun altro, così come ognuno comprende soltanto il proprio linguaggio (...). Perciò ognuno, chiunque egli sia e qualunque cosa faccia, è sempre ricacciato in sé stesso, ognuno è sempre un incubo abbandonato in sé stesso."
(Dal programma di sala: Note di regia)
Ritter, Dene, Voss
Quanto abbiamo sofferto sotto questi orribili quadri
di Thomas Bernhard nella traduzione di Eugenio Bernardi
Regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Antonio Ballerio, Silli Togni, Loredana Alfieri
Scene e costumi di Francesca Piotti - Luci Davide Onesti - Realizzazione scena Massimo Barili - Compagnia Labyrinthos
Gianni Quillico
Gianni Buscaglia
Adele Pellegatta
Evento teatrale realizzato nel contesto delle iniziative per il seicentesimo anniversario di fondazione della Certosa di Pavia. Rappresentato nella forma di una "intervista impossibile" negli spazi del prestigioso ristorante-enoteca del Mulino Vecchio della Certosa, al termine dello spettacolo agli spettatori-ospiti venne servita una cena in stile rinascimentale, il cui menu era una deliziosa interpretazione di alcune portate elencate da Giangaleazzo Visconti nel corso della pièce e servite realmente durante la sua investitura a Duca di Milano. Compresa la minestra di fagioli con la quale, come raccontavano le maliziose cronache del tempo, Giangaleazzo avvelenò lo zio Bernabò Visconti. Agli spettatori, naturalmente, la minestra di fagioli venne servita senza il veleno...
Seicento anni dopo...
Una improbabile intervista a Gian Galeazzo Visconti
Testo e Regia di Gianni Buscaglia
con gli attori Gianni Quillico e Adele Pellegatta - Collaborazione all'allestimento Mary Pellegatta
Antonio Ballerio
Silli Togni e Antonio Ballerio
Bozzetto della scenografia di Angelo Lodi
Il soggiorno della casa di George e Martha è il luogo circoscritto ed emblematico entro il quale si consumano i riti quotidiani dei normali rapporti di coppia, palcoscenico di una macabra danza senza fine e senza scampo, spazio di giochi crudeli dove si evocano i fantasmi del passato e si spalancano gli abissi ancestrali del mito (...) Ma è anche il luogo pubblico dove si celebra il rituale catartico del sacrificio; dove il figlio (immaginario?) non verrà sostituito con l’agnello o la colomba, ma dovrà necessariamente soccombere, forse perché tutto possa nuovamente ricominciare. Dal mito del figlio vivente (e immanente) al mito del figlio morto (ma in attesa di resurrezione).
Chi ha paura di Virginia Woolf?
di Edward Albee nella traduzione di Ettore Capriolo
Regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Antonio Ballerio, Silli Togni, Giovanni Battaglia, Roberta Fossati
Scena di Angelo Lodi - Costumi di Enrica Ferrazzini - Disegno luci Mahommed Soudani - Musiche: John Coltrane, Miles Davis, Thelonious Monk - Assistente alla regia Alessandra Buscaglia
Incidunt et vero consequatur laboriosam
6.99
Incidunt et vero consequatur laboriosam
6.99
Regina e Alfredo sono dei sepolti vivi, “isolati dal mondo come Radmes e Aida nell’opera immortale”. La casa bunker è il luogo amato e odiato, lo spazio angusto della loro solitudine della loro ineluttabile reclusione (...). Per Alfredo la casa è il luogo del ritorno, un ritorno forse sempre rimandato ma inevitabile, senza scampo: come l’ape operaia, che dopo aver raccolto il nettare non si sottrae al dovere di nutrire la sua Regina, fino all’estremo sacrificio. Regina, sacra custode della casa-tempio, ritrova in Alfredo la linfa della sua lontana giovinezza, il nutrimento necessario per perpetuare nel tempo la supremazia del suo ruolo materno.
La scrittura di Santanelli si muove in un curioso universo verbale che oscilla continuamente tra lingua italiana e locuzioni e cadenze napoletane. Questo ritorno alle radici linguistiche, soprattutto per il personaggio di Regina, sembra dettato non tanto da preoccupazioni riduttivamente naturalistiche o sociologiche, quanto dall'urgenza di interrogare rimosse memorie ancestrali e intraprendere la necessaria e dolorosa discesa alle Madri, per poter ritrovare, se non le cause estreme del proprio disagio interiore, almeno il coraggio di guardare dentro lo specchio del Teatro.
(Dal programma di sala: Note di regia)
Regina madre
di Manlio Santanelli
Regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Ketty Fusco e Antonio Ballerio
Scenografia e costumi Alan Luberti - Tecnico luci Enzo Conforti - Tecnico suono Nicola De Marchi - Musiche da “Aida”, Il “Trovatore”, “La Traviata” di Giuseppe Verdi - Assistente alla regia Alessandra Buscaglia
Per l’nterpretazione in Regina Madre Ketty Fusco ha vinto nel 1994 il maggior premio teatrale Svizzero, l’Anello Hans Reinhart.
Gruppo degli attori
C’è una presenza nel testo, che è così concreta nella sua evidenza scenica, da esigere di essere trasformata in un fantasma dell’immaginazione: è il cavallo che dà nome alla Festa promessa nel titolo. Il cavallo (...) entra nel banchetto della Fame come una possibile vittima sacrificale. Come una inattesa speranza di sopravvivenza (...) Il banchetto della Fame come metafora di un’umanità colta nel momento del crollo dei suoi sogni, dei suoi miti, dei suoi valori, ma che cerca disperatamente di porre domande per il suo incerto futuro.
(Dal programma di sala: Note di regia)
La festa del cavallo
di Antonio Porta
Regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Fabio Mazzari, Antonio Ballerio, Elda Olivieri, Enrico Maggi,
Ermes Scarabelli, Umberto Tabarelli, Marcello Cortese
Scena di Antonio Mastromattei
Costumi di Francesca Piotti
Musiche di Tommaso Leddi
Luci e suono Eugenio Squeri
Assistente alla regia Alessandra Buscaglia
Foto di scena
Bozzetto scenografia
Foto di scena
In un anno imprecisato fra il IV e il III secolo a.C. un ignoto commediografo greco fece rappresentare ad Atene una commedia, la cui vicenda ruotava intorno alla vendita truffaldina di una ragazza travestita da schiava persiana (…). Vittima dell’imbroglio era un lenone, che alla fine si ritrovava tra le mani un donna libera, su cui non gli era lecito rivendicare alcun diritto (…). Ma a quest’opera sconosciuta era riservato un dstino piuttosto straordinario: una posterità tuttora vegeta dopo quasi due millenni e mezzo, una di quelle immortalità per interposta persona (…), grazie ad uno dei massimi geni della felicità teatrale che mai siano esistiti: Plauto. (…). Ed ora, è venuto il momento di misurare il Persa alla prova della scena, (…) e a ravvicinarlo alla nostra sensibilità teatrale, è un poeta, Antonio Porta: “poietés”, vale a dire creatore di parole e immagini, ossia del linguaggio, come erano i primi drammaturghi romani. (…). Porta s’è armato di coraggio e di immaginazione: ha ripetuto l’operazione medesima con cui il latino Plauto ridava le pulsuioni della vita ai suoi modelli greci (…). La riscrittura di Porta s’inserisce con autorità nelle strutture lasciate aperte da questa concezione del fare teatro, e ripete il paradosso di un’originalità costruita su un materiale preesistente, riversando in esso stimoli e suggestioni del presente.
(Dario Del Corno, La metamorfosi del finto Persiano. Dal programma di sala, Milano 1985)
Ogni poeta, o scrittore, o critico (…) è un “mangiatore di linguaggi”. Io sono onnivoro non solo per quel che riguarda i cibi ma anche per i linguaggi, da quello sportivo a quello dei comici, da quello della scienza a quello della poesia. Raramente, però, mi capita di poterli riutilizzare tutti, imponendomi il linguaggio della narrativa e quello della poesia e quello della critica, dei limiti abbastanza precisi, anche se non rigidissimi. A contatto con il linguaggio del Persa ho sentito la necessità di dar fondo a tutte, o quasi, le mie risorse (…). La perfetta macchina teatrale del Persa tanto perfetta da trasformarsi anche in “teatro dentro se stesso”, con stupendi giochi di “straniamento”, è base sicura alla liberazione dei linguaggi.
(Antonio Porta, Nota del traduttore. Dal programma di sala, Milano 1985)
Persa è il sogno di una rappresentazione. Nell’intervallo di tempo che trascorre tra la partenza e il ritorno dei padroni, Toxilo e i suoi compagni (attori) tessono la trama dell’inganno (la stangata) ai danni del ruffiano Dordalo: sospendono, come d’incanto, la realtà, la fissano per il tempo della rappresentazione in una dimensione di festa; sospendono tutti i rapporti di classe esistenti e ribaltano le funzioni sociali in un gioco di travestimenti (da servi ad attori, da attori a personaggi-attori, da attori nuovamente a servi), dando vita ad un gioco illusorio che solo il teatro può ricreare. (…) Ecco, forse le ragioni che ci hanno condotto a Plauto sono in questa dimensione sospesa: quasi a cercare a ritroso, così lontano, alle nostre radici, la nostra infanzia, in un gioco costante di riflessioni, di inganni e di illusioni (…), in una ambigua e deformata scena dove i servi di Plauto si confondono con gli attori di un teatro di varietà… …
(Gianni e Alberto Buscaglia, Note di regia. Dal programma di sala, Milano, 1985
La stangata persiana
commedia di Tito Maccio Plauto nella versione di Antonio Porta
regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Silvano Piccardi, Riccardo Pradella, Gianni Quillico, Narcisa Bonati, Marco Balbi, Milvia Marigliano, Riccardo Mantani Renzi, Maria Cristina Bortolozzi
Scena di Carlo Paganelli - Costumi di Daniela Zerbinati - Musiche di Giovanna Busatta - Realizzazione luci Sandro Carminati
Foto di scena
Foto di scena
Foto di scena
Gl’innamorati si svolge all’interno di un universo sconvolto, frantumato, dominato dall’angoscia dell’irrazionale, del non dominabile. La casa borghese, luogo armonico dell’ordine esistenziale quotidiano e storico, cela lungo invisibili corridoi, dietro porte immaginarie, l’oscuro disagio delle cose rappresentabili (...). Ogni personaggio porta in scena un proprio altro, che rappresenta con fastidio, suo malgrado: Eugenia traveste con il fantasma della gelosia il suo vero problema, la propria insicurezza economica; (...) Fulgenzio, nonostante la sicurezza economica e la caparbia volontà di dominare gli eventi con raziocinio, è costretto a cedere anch’egli ad un altro se stesso malato e nevrotico; (...) Clorinda, personaggio più evocato che rappresentato, è un fantasma che si aggira per la commedia, oscuro, onnipotente ma impalpabile oggetto della nevrotica gelosia di Eugenia.
(Dal programma di sala: Note di regia)
Ogni personaggio porta in scena un proprio altro, che rappresenta con fastidio, suo malgrado: Eugenia traveste con il fantasma della gelosia il suo vero problema, la propria insicurezza economica; (...) Fulgenzio, nonostante la sicurezza economica e la caparbia volontà di dominare gli eventi con raziocinio, è costretto a cedere anch’egli ad un altro se stesso malato e nevrotico; (...) Clorinda, personaggio più evocato che rappresentato, è un fantasma che si aggira per la commedia, oscuro, onnipotente ma impalpabile oggetto della nevrotica gelosia di Eugenia.
(Dal programma di sala: Note di regia)
Gl'innamorati
di Carlo Goldoni
regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Elda Olivieri, Natale Ciravolo, Riccardo Mantani Renzi,
Riccardo Pradella, Adriana De Guilmi, Franco Sangermano,
Marcello Manganelli, Anna Bonel, Vincenzo Preziosa
scena di Carlo Paganelli
costumi di Daniela Zerbinati
musiche di Giovanna Busatta
realizzazione luci Sandro Carminati
Compagnia Stabile del Teatro Filodrammatici di Milano, 1985
Foto di scena
Foto di scena
Foto di scena
I Comici dell’Arte entrano nel Palazzo. Prendono possesso dello spazio della rappresentazione: tra quelle forme rigide e austere i comici portano
sul palcoscenico con irruenza gli umori di una vitalità e creatività senza regole, che attinge la propria ispirazione nella vita stessa dell’attore girovago. Al di là di quello spazio i Signori di una immaginaria Corte assistono alla rappresentazione blasfema e moralistica insieme del seduttore
Don Giovanni, il Burlador di Siviglia, personaggio alla moda sui palcoscenici dei teatri del tempo. Ma inevitabilmente, trasgredendo le regole del Teatro “colto”, ormai sclerotizzato in forme ampollose o assurdamente macchinistiche, i Comici dell’Arte sostituiscono alla ideologia della Morte,
il piacere, tutto vitale, del gioco della rappresentazione.
(Dal programma di sala: Note di regia)
Avventure morte e dannazione di Don Giovanni
Testo e Regia di Gianni e Alberto Buscaglia
con Carlo Montagna, Silvano Piccardi, Riccardo Pradella, Gianni Quillico, Milena Albieri, Marco Balbi, Miriam Crotti, Riccardo Mantani Renzi, Maurizio Scattorin, Natale Ciravolo, Adriana De Guilmi, Valeria Falcinelli, Giancarlo Ratti
Scena di Carlo Paganelli- Costumi di Daniela Zerbinati - Musiche di Giovanna Busatta - Realizzazione luci Sandro Carminati